
Nel corso delle Scientific Sessions 2021 dell’American Heart Association sono stati discussi i risultati del Fitbit Heart Study, i quali hanno messo in evidenza come un nuovo software compatibile con molti smartwatch permetta di rilevare ritmi cardiaci irregolari e individuare casi di fibrillazione atriale non diagnosticati nel 98% dei casi. Come nel caso dell’Apple Heart Study, tuttavia, il campione di studio analizzato era costituito in larga parte da soggetti giovani in cui il rischio di ictus è marginale.
Come ha spiegato Steven A. Luitz, cardiologo del Massachusetts General Hospital di Boston e docente dell’Harvard Medical School, primo autore dello studio, “una fibrillazione atriale non diagnosticata può portare all’insorgenza di un ictus, per cui una diagnosi precoce potrebbe permettere ai medici di prescrivere dei trattamenti utili a prevenirlo”. Sono ormai molti i dispositivi in grado di rilevare il battito cardiaco e altrettanti gli studi che ne hanno messo in evidenza l’efficacia in termini di rilevazione della fibrillazione atriale, come appunto l’Apple Heart Study. Recentemente, ad esempio, è passato agli onori delle cronache il caso del 69enne cantautore milanese Eugenio Finardi, che lo scorso 11 novembre è stato trasportato d’urgenza in Pronto Soccorso dopo che il suo Apple Watch aveva tempestivamente rilevato un episodio di fibrillazione atriale.
Con lo stesso obiettivo, ossia quello di una diagnosi precoce, sviluppatori e ricercatori del Fitbit Heart Study hanno preso in analisi un nuovo software in grado di rilevare il battito cardiaco mediante fotopletismografia, una tecnica che permette di individuare i cambiamenti nel volume di sangue attraverso la diffusione di raggi infrarossi nei tessuti. Nello specifico l’algoritmo utilizzato raccoglie i dati nei momenti di inattività e analizza continuamente le informazioni sul battito cardiaco di chi indossa il device. È necessario che il software rilevi almeno 30 minuti di battito irregolare prima di inviare un alert per segnalare un possibile episodio di fibrillazione atriale.
Da maggio a ottobre 2020 sono stati arruolati 455.699 soggetti di età superiore a 22 anni (età media: 47 anni) di cui il 71% donne e il 73% di etnia caucasica, tutti in possesso di un device Fitbit e senza una precedente diagnosi di fibrillazione atriale. La percentuale di pazienti di età superiore a 65 anni era del 12%.
Lo studio prevedeva che alla prima rilevazione di ritmo cardiaco irregolare (IHRD) ai pazienti venisse consigliata una televisita, in seguito alla quale veniva inviato loro per posta un rilevatore ECG portatile da indossare per una settimana insieme al loro Fitbit. Questo ha permesso di valutare l’eventuale corrispondenza tra l’IHRD rilevato tramite Fitbit e episodi di fibrillazione atriale della durata maggiore o uguale a 30 secondi rilevati tramite ECG. L’endpoint primario era costituito dal valore predittivo positivo (PPV) mentre quello secondario dalla porzione del tacogramma a 5 minuti, misurato in corrispondenza dell’IHRD, che corrispondeva a una fibrillazione atriale della durata maggiore o uguale a 30 secondi.
Lo studio ha messo in evidenza come l’algoritmo implementato nel Fitbit abbia permesso di individuare con successo gli episodi di fibrillazione atriale in tutte le classi di età. Inoltre:
- si è registrato un battito cardiaco irregolare nell’1% della popolazione arruolata e nel 4% degli over 65;
- tra i soggetti che hanno ricevuto una notifica di ritmo irregolare è stato rilevata fibrillazione atriale mediante ECG portatile nel 32% dei casi;
- l’ECG portatile ha confermato la presenza di fibrillazione atriale nel 98% dei soggetti che hanno avuto un ulteriore ritmo cardiaco irregolare nella settimana in cui indossavano anche l’ECG;
- Per i pazienti over 65, in cui il rischio di ictus è più elevato, la corrispondenza tra episodi di fibrillazione atriale rilevati mediante Fitbit ed ECG è stata del 97%.
“I risultati dimostrano come i device indossabili permettano di identificare in modo accurato una fibrillazione atriale non diagnosticata” ha affermato Luitz. “Data l’ampia diffusione di tali dispositivi è facile pensare che algoritmi come il nostro potrebbero essere facilmente adoperati su grande scala per aiutare a fare diagnosi precoce di fibrillazione atriale, permettendo così ai pazienti di ricevere le giuste cure prima di incorrere in complicanze indesiderate, come l’ictus. La maggior parte degli episodi di fibrillazione atriale sono incorsi durante il sonno e noi sospettiamo che tali episodi fossero asintomatici. I device sono più accurati nei momenti di inattività ed è quindi consigliato indossarli anche durante il sonno”.
Un limite dello studio, come sottolineato dallo stesso Lubitz, è che non è stato valutato se una maggiore diagnosi precoce di fibrillazione atriale determinasse poi una minor incidenza di ictus. Inoltre, solo il 12% del campione di studio apparteneva alla fascia di età superiore ai 65 anni in cui il rischio di fibrillazione atriale e di ictus è più elevato. Come già indicato da molti esperti in occasione della presentazione dei risultati dell’Apple Heart Study, infatti, il rischio è che si finisca per medicalizzare una fascia della popolazione – verosimilmente quella più propensa ad acquistare e indossare uno smartwatch – in cui la presenza di questa patologia è marginale.
Vasilica Manole