
Le donne che hanno un attacco cardiaco al di fuori di un ospedale hanno meno probabilità degli uomini di ricevere il massaggio cardiaco che potrebbe salvare loro la vita. Due recenti studi indipendenti, presentati al Meeting annuale dell’American Heart Association in corso a Chicago, hanno provato a verificare questa tendenza e a spiegarne il perché. Gli studiosi hanno scoperto che spesso i passanti che potrebbero praticare la rianimazione cardiopolmonare temono che le compressioni possano essere considerate “contatti inappropriati” e portare a una denuncia da parte della vittima rianimata.
Nel primo dei due studi, i ricercatori della University of Colorado School of Medicine di Denver hanno condotto un sondaggio online in cui hanno chiesto a 54 persone di spiegare perché, secondo loro, le donne non ricevono la rianimazione tanto quanto gli uomini. Gli studiosi hanno poi raccolto le risposte fornite in cinque categorie:
- paura di un contatto o esposizione inappropriati;
- paura di essere accusati di molestie;
- paura di fare del male alle vittime;
- scarso riconoscimento dell’arresto cardiaco dovuto ad alcuni preconcetti quali: le donne hanno meno probabilità di soffrire di disturbi cardiaci, le donne iperdrammatizzano le situazioni o fingono un attacco;
- paura che il seno renda il massaggio cardiaco più complicato.
“Queste sono preoccupazioni reali che trattengono le persone dall’agire. È però importante chiarire che la rianimazione cardiopolmonare può salvare la vita e dovrebbe essere praticata su chiunque ne abbia bisogno a prescindere da genere o etnia”, ha sottolineato Sarah. M. Permand, autore principale dello studio. “Il massaggio cardiaco effettuato dagli astanti è correlato a una maggiore probabilità di sopravvivenza e di recupero neurologico – ha proseguito -, “la rianimazione si pratica allo stesso modo a prescindere dal genere della vittima”.
Il secondo studio, condotto dai ricercatori dello University of Pennsylvania’s Center for Resuscitation Science, ha invece messo alla prova 75 partecipanti attraverso la realtà virtuale. Gli studiosi hanno proiettato i volontari in un ambiente virtuale senza specificare cosa sarebbe successo ma chiedendo loro di agire come se stessero vivendo un’emergenza reale. Una volta calati nella situazione i partecipanti si sono trovati in una situazione in cui era necessario praticare un massaggio cardiaco o una rianimazione attraverso un defibrillatore, con il feedback dal team nell’ambiente reale.
I risultati del test hanno mostrato che i partecipanti hanno proceduto con la rianimazione meno spesso su vittime virtuali di sesso femminile che di sesso maschile. Tuttavia, secondo Marion Leary, autrice principale dello studio, servirebbe un test simile con un maggior numero di volontari coinvolti per poter confermare questa tendenza.
Caterina Visco
▼ APS.01.09. Two novel studies explore why women receive less CPR from bystanders. American Heart Association’s Scientific Sessions 2018.