
Nei pazienti con diabete di tipo 2 con una storia pregressa di patologia cardiovascolare (CVD) o con multipli fattori di rischio, un trattamento con dapagliflozin è in grado di ridurre la mortalità cardiovascolare e le ospedalizzazioni per scompenso cardiaco. Sono stati presentati al Meeting annuale dell’American Heart Association e pubblicati in contemporanea sul New England Journal of Medicine i risultati del trial DECLARE-TIMI 58, i quali suggeriscono che l’inibitore del SGLT2 potrebbe essere efficace, in questa classe di pazienti, anche in prevenzione primaria.
Lo studio ha arruolato 17.160 a elevato rischio cardiovascolare, di cui 10.186 senza evidenze di pregresse malattie cardiovascolari, provenienti da 33 paesi. Questi sono stati randomizzati per ricevere dapagliflozin o un placebo e con follow up medio di 4,2 anni. Gli endpoint primari erano, per l’efficacia, i MACE e una combinazione di morte cardiovascolare e ospedalizzazioni per scompenso cardiaco, e, per la sicurezza, un outcome composito di morte cardiovascolare, infarto del miocardio e ictus ischemico. Endpoint secondari erano invece costituiti da una misura composita di parametri renali e dalla mortalità per tutte le cause.
Per quanto riguarda gli endpoint di sicurezza, i dati hanno messo in evidenza la non inferiorità di dapagliflozin rispetto al placebo. In termini di efficacia, invece, il trattamento con l’inibitore del SGLT2 è risultato in grado di ridurre in modo significativo l’endpoint combinato di mortalità cardiovascolare e di ospedalizzazioni per scompenso cardiaco (4,9% vs. 5,8%; I.C. 95% 0,73 – 0,95 HR: 0,83; P = 0.005). Un dato, questo, legato esclusivamente alla riduzione delle ospedalizzazioni da scompenso cardiaco (I.C. 95% 0,61 – 0,88 HR: 0,73); infatti, non sono emerse differenze significative tra i due gruppi in termini di mortalità cardiovascolare (I.C. 95% 0,82 – 1,17 HR: 0,98).
“Il numero delle ospedalizzazioni per scompenso cardiaco è risultato ridotto di oltre il 30% nei pazienti trattati con dapagliflozin, sia in prevenzione primaria che secondaria”, ha commentato Pasquale Perrone Filardi, direttore della Scuola di specializzazione in Malattie dell’Apparato Cardiovascolare dell’Università Federico II di Napoli. “Inoltre, il 90% dei pazienti arruolati non aveva evidenze di scompenso cardiaco all’arruolamento, quindi si tratta di una prevenzione di nuovi casi”.
La terapia con l’inibitore del SGLT2 è risultata associata anche a una riduzione dei MACE osservati ma il dato non ha raggiunto la significatività statistica (8,8% vs. 9,4%; I.C. 95% 0,84 – 1,03 HR: 0,93; P = 0.17). Per quanto riguarda le altre misure di sicurezza, non sono emerse differenze tra i due gruppi in termini di amputazioni, fratture, carcinoma della vescica o gangrena di Fourier. Il trattamento con dapagliflozin è invece risultato associato a un tasso minore di eventi renali (4,3% vs. 5,6%; I.C. 95% 0,67 – 0,87 HR: 0,76) e di mortalità per tutte le cause (6,2% vs. 6,6%; I.C. 95% 0,82 – 1,04 HR: 0,93) e a uno lievemente maggiore di chetoacidosi diabetica (0,3% vs. 0,1%) e di infezioni genitali (0,9% vs. 0,1%).
“Lo studio ha dimostrato un effetto di protezione nefrovascolare, nel senso che dapagliflozin ha ridotto il deterioramento della funzione renale”, ha aggiunto Perrone Filardi. “Dal punto di vista della safety, invece, è emerso che il farmaco ha un profilo di sicurezza particolarmente buono”.
I risultati del trial DECLARE-TIMI 58 promettono quindi di cambiare la pratica clinica per quanto riguarda la gestione dei pazienti affetti da diabete di tipo 2, i quali sono caratterizzati da un rischio molto elevato di andare incontro a patologie quali scompenso cardiaco, infarto del miocardio e ictus. Inoltre, poiché la maggior parte dei soggetti coinvolti nello studio non era mai stata vittima di un MACE, le evidenze emerse suggeriscono, in questa classe di pazienti, un possibile utilizzo di dapagliflozin anche in un contesto di prevenzione primaria. “Quella di intercettare la malattia diabetica in una fase pre-clinica rispetto agli eventi cardiovascolari – ha concluso Perrone Filardi – è un’ipotesi di lavoro che apre un nuovo scenario per la prevenzione in questi pazienti”.
Fabio Ambrosino
▼ Wiviott SD, Raz I, Bonaca MP, et al. Dapagliflozin and Cardiovascular Outcomes in Type 2 Diabetes. New England Journal of MEdicine 2018; DOI: 10.1056/NEJMoa1812389.