A cura di Alberto Menozzi, U.O. Cardiologia dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Parma
Lo studio IMPROVE-IT, presentato da Christopher Cannon, ha testato l’ipotesi che l’associazione di ezetimibe 10 mg, che agisce inibendo la proteina intestinale NPC1L1, a simvastatina 40 mg migliori l’outcome dei pazienti dopo sindrome coronarica acuta riducendo le recidive di eventi cardiovascolari.

Christopher Cannon
In questo studio randomizzato, multicentrico ed in doppio cieco sono stati arruolati 18.144 pazienti dopo sindrome coronarica acuta (con e senza sopraslivellamento del tratto ST) ad alto rischio entro 10 giorni dall’evento acuto. I pazienti sono stati randomizzati a simvastatina 40 mg vs simvastatina 40 mg in associazione a ezetimibe 10 mg. Nei pazienti in cui non veniva raggiunto il target di colesterolo LDL di 80 mg/dl si titolava la simvastatina a 80 mg. L’endpoint primario dello studio è stato il composito di morte cardiovascolare, infarto miocardico, angina instabile, rivascolarizzazione coronarica (dopo 30 giorni dall’evento acuto) ed ictus cerebri. La durata minima prevista di follow-up era di 2.5 anni e la mediana è stata di 6 anni. L’associazione di ezetimibe + simvastatina ha determinato una riduzione significativa dell’incidenza dell’endpoint primario, che è stata pari al 32.7% nel gruppo simvastatina + ezetimibe e al 34.7% nel gruppo simvastatina (P=0.016) con una riduzione del rischio di eventi del 6.4% circa. Il numero di pazienti da trattare per prevenire un evento (NNT) è risultato quindi pari a 50. Analizzando in particolare l’incidenza dei singoli componenti dell’endpoint primario nei due gruppi, emerge una significativa differenza a favore di ezetimibe per l’infarto miocardico con una riduzione del rischio del 13% (13.1% vs 14.8%, P=0.002) e per l’ictus con una riduzione del rischio del 14% (4.2% vs 4.8%, P=0.05), mentre non vi è stata differenza per la mortalità cardiovascolare e per la rivascolarizzazione coronarica. Nell’ambito dei diversi sottogruppi di pazienti, i diabetici sono stati coloro che hanno avuto maggiore beneficio dall’associazione simvastatina + ezetimibe (HR 0.86, P per interazione 0.023).
Il valore medio di LDL dei pazienti all’arruolamento era di 95 mg/dl e ad un anno dalla randomizzazione era di 69.9 mg/dl nel gruppo simvastatina e di 53.2 mg/dl nel gruppo simvastatina + ezetimibe. La riduzione significativa dei livelli di LDL nel braccio ezetimibe era evidente dopo 30 giorni e si manteneva durante il successivo follow-up.
I risultati emersi da questa analisi, effettuata secondo il criterio “intention to treat”, sono confermati e rafforzati con l’analisi dei dati secondo il criterio “on treatment”. La riduzione del rischio di eventi sale infatti al 7.6% e l’NNT scende a 38.
Non vi è stata differenza fra i due gruppi di trattamento nell’incidenza di sostanziali eventi avversi, quali miopatia, aumento delle transaminasi e riscontro di neoplasie. In entrambi i gruppi il 42% dei pazienti ha interrotto il trattamento prematuramente.
Lo studio IMPROVE-IT è il primo trial di potenza adeguata che dimostra l’efficacia di una strategia di combinazione di una molecola – ezetimibe –, che agisce riducendo l’assorbimento intestinale del colesterolo, nel ridurre l’incidenza di eventi cardiovascolari quando utilizzato in associazione ad una statina. L’IMPROVE-IT conferma inoltre il rapporto di associazione tra livelli di colesterolo LDL ed incidenza di eventi cardiovascolari, rapporto che si mantiene anche con valori relativamente bassi di LDL (al di sotto dei 70 mg/dl, valore attualmente raccomandato dalle linee guida quale target terapeutico). Ezetimibe conferma quindi di essere un’arma efficace per la prevenzione secondaria ed è sicuramente rilevante il margine di applicazione dei risultati dello studio IMPROVE-IT nella pratica clinica quotidiana, anche se le statine oggi principalmente utilizzate sono più potenti rispetto alla simvastatina, sia perché vi è una percentuale non trascurabile di pazienti che non tollera nel lungo periodo la statina ad elevato dosaggio, sia perché nonostante l’utilizzo di statine più potenti i valori di LDL persistono spesso relativamente elevati.