A cura di Alberto Menozzi, U.O. Cardiologia dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Parma
I due trial hanno testato la non inferiorità degli stent medicati (DES) a polimero riassorbibile rispetto a quelli con polimero durevole: la persistenza del polimero dopo il completamento del rilascio del farmaco può teoricamente avere un’azione pro-infiammatoria e ciò potrebbe tradursi in un aumento del rischio di trombosi tardiva di stent e di neoaterosclerosi.
Lo studio EVOLVE II, presentato da Dean Kereiakes, ha randomizzato 1684 pazienti con indicazione ad angioplastica coronarica con impianto di stent sia per cardiopatia ischemica stabile che per sindrome coronarica acuta. I principali criteri di esclusione dello studio erano il trattamento del tronco comune, di occlusioni croniche, di graft venosi o di restenosi intrastent, nonché recente STEMI. L’indicazione alla duplice terapia antiaggregante era per almeno 6 mesi ma quasi il 90% dei pazienti di entrambi i gruppi ha proseguito la terapia fino a 12 mesi. L’endpoint primario (la “target lesion failure” a 12 mesi, endpoint composito costituito da morte per cause cardiovascolari, infarto miocardico riferibile al vaso trattato, nuova rivascolarizzazione della lesione target e trombosi di stent) si è verificato nel 6.7% dei pazienti trattati con DES a polimero riassorbibile (Synergy®, Boston Scientific) e nel 6.5% dei pazienti trattati con DES con polimero durevole (Promus Element Plus®, Boston Scientific). È interessante osservare come in entrambi i gruppi sia stata riportata una bassa incidenza di trombosi di stent (0.4% vs 0.6%; P=0.50), con assenza di trombosi tardive, cioè oltre i 30 giorni.
Lo studio BASKET-PROVE II, presentato da Christoph Kaiser, ha confrontato un DES a polimero riassorbibile (Nobori®, Terumo), un DES a polimero durevole (Xience-Prime®, Abbott) e uno stent metallico a maglie sottili (Vision®, Abbott) randomizzando 2291 con indicazione all’impianto di uno stent di almeno 3.0 mm di diametro (ma non superiore a 4.0 mm) per cardiopatia ischemica stabile o sindrome coronarica acuta. Anche in questo studio il trattamento di tronco comune, occlusioni croniche, graft venoso o restenosi intrastent, oltre alla necessità di anticoagulazione orale e la storia di pregresso ictus/TIA, costituivano criteri di esclusione. La duplice terapia antiaggregante era costituita per protocollo da ASA e prasugrel in tutti i pazienti, con una durata di 12 mesi nei pazienti trattati con DES e di 1 mese in quelli nel braccio BMS. In questo studio è stata testata l’ipotesi che i DES a polimero riassorbibile fossero non inferiori ai DES a polimero durevole (ma superiori ai BMS) per quanto riguarda l’efficacia, ma con un maggior profilo di sicurezza. Sono stati infatti valutati due endpoint primari, entrambi a 24 mesi di follow-up:
- l’endpoint primario di efficacia (il composito di morte cardiovascolare, infarto miocardico e nuova rivascolarizzazione del vaso target), che si è verificato nel 7.6% nel gruppo trattato con DES a polimero riassorbibile rispetto al 6.8% nel gruppo trattato con DES a polimero durevole (P=0.042 per non inferiorità), e al 12.7% nel gruppo BMS (P=0.0011 per superiorità);
- l’endpoint primario di sicurezza (il composito di morte cardiovascolare, infarto miocardico e trombosi di stent certa o probabile), che si è verificato rispettivamente nel 3.7%, 3.8% e 5.0% nei tre gruppi di trattamento. L’incidenza di trombosi di stent certa o probabile è risultata rispettivamente pari a 0.4%, 0.7% e 0.8%.
I risultati di questi due studi indicano che gli stent medicati con polimero riassorbibili sono non inferiori ma non superiori a quelli con polimero durevole. Il possibile ruolo della persistenza del polimero nell’aumentare il rischio di eventi avversi a distanza non viene pertanto confermato alla luce di questi dati, per lo meno per quanto riguarda i DES di ultima generazione. Peraltro, per tutti i dispositivi studiati, è decisamente rassicurante la bassa incidenza di trombosi di stent.