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Durata della duplice terapia antiaggregante dopo impianto di stent

By 5 Dicembre 2014Settembre 14th, 2021No Comments
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A cura di Leonardo De Luca, Dipartimento di Scienze Cardiovascolari dello European Hospital di Roma


Durante la prima sessione di Late-breaking clinical trials sono stati presentati nuovi trial sulla durata della duplice terapia antiaggregante (DAPT) dopo impianto di stent medicato con risultati apparentemente contraddittori. terapia antiaggreganteIl più ampio tra gli studi presentati è il DAPT (Dual Antiplatelet Therapy) che ha arruolato circa 10.000 pazienti, disegnato con la Food and Drug Administration (FDA) per valutare la durata ottimale della DAPT dopo impianto di stent coronarico. Il trial ha confrontato un periodo di trattamento di 12 mesi vs 30 mesi di aspirina più tienopiridina (clopidogrel o prasugrel), escludendo pazienti ad alto rischio ischemico o emorragico. Il trial ha dimostrato che il trattamento a lungo termine ha ridotto del 71% il rischio di trombosi di stent (0.4% vs 1.4%) e del 53% il rischio di infarto miocardico (2.1% vs 4.1%), correlato e non correlato a trombosi di stent, a spese di un incremento di emorragie e di un incremento ai limiti della significatività di mortalità per ogni causa (molto probabilmente da attribuire al caso o, a detta degli investigatori, ad un maggior numero di pazienti con patologie maligne non note al momento delle randomizzazione nel braccio lungo termine). A tale proposito, è stata anche pubblicata recentemente una metanalisi di 14 studi (69.644 pazienti), che ha confrontato la sola aspirina o la ridotta durata di DAPT (<6 mesi) vs la DAPT a lungo termine dimostrando che non vi è alcuna differenza in termini di mortalità per ogni causa (HR 1.05, IC 95% 0.96–1.19; P=0.33), mortalità cardiovascolare (HR 1.01, IC 95% 0.93–1.12; P=0.81) e non cardiovascolare (HR 1.04, IC 95% 0.90–1.26; P=0.66) tra le due strategie di trattamento. Di particolare interesse il fatto che nel DAPT la frequenza di eventi ischemici è incrementata notevolmente nei 3 mesi successivi all’interruzione della tienopiridina, indipendentemente dal periodo di trattamento assegnato, generando l’ipotesi che il trattamento dovrebbe essere continuato a lungo, probabilmente a vita, in alcune categorie di pazienti. Altro dato interessante da esplorare è che un sottogruppo dello studio DAPT sui pazienti trattati con stent Taxus Liberté che hanno ricevuto prasugrel in associazione all’aspirina, ha mostrato una maggiore riduzione degli eventi ischemici avversi con una durata a lungo termine della DAPT e un marcato rischio di eventi al momento dell’interruzione della terapia.

D’altro lato, due studi europei, l’ISAR-SAFE (Safety and Efficacy of Six Months Dual Antiplatelet Therapy After Drug-Eluting Stenting) e l’ITALIC (Is There A LIfe for Drug-eluting Stents [DES] After Discontinuation of Clopidogrel) presentati all’AHA, non hanno dimostrato differenze in termini di eventi ischemici ed emorragici tra 6 mesi di trattamento o durata maggiore. Entrambi questi trial, che hanno incluso molti più pazienti trattati con stent di terza generazione rispetto al trial DAPT, sono stati interrotti precocemente per problemi di reclutamento e per il basso tasso di eventi. Il trial ISAR-SAFE ha randomizzato circa 4000 pazienti a 6 mesi vs 12 mesi di DAPT (aspirina e clopidogrel) dopo impianto di stent medicato. I risultati non hanno mostrato alcuna differenza tra i due gruppi di trattamento in termini di morte, infarto miocardico, trombosi di stent, ictus e sanguinamenti maggiori secondo la classificazione TIMI. Nell’ITALIC, invece, circa 2000 pazienti sottoposti ad impianto di stent medicato Xience V sono stati randomizzati a ricevere 6 o 24 mesi di DAPT. In questo studio la frequenza di eventi è stata molto più bassa dell’atteso (1.5% rispetto al 3% di atteso). I risultati hanno suggerito che non vi è alcuna differenza tra i due gruppi (1.5% vs 1.6%, HR 1.07, IC 95% 0.52–2.22; P=0.85) in termini di endpoint primario: morte, infarto miocardico, ictus, rivascolarizzazione del vaso target e sanguinamenti maggiori.

Alla luce di questi studi possiamo quindi riassumere che 6 mesi di terapia possono essere sufficienti in caso di alto rischio emorragico o basso rischio ischemico, mentre per i pazienti ad alto rischio ischemico un trattamento a lungo termine è auspicabile per la prevenzione degli eventi ricorrenti e della trombosi di stent.