
Il numero delle principal investigators donne è, almeno per quanto riguarda i trial clinici in ambito cardiologico, ancora nettamente inferiore a quello dei colleghi maschi. È quanto emerge dalle anticipazioni di uno studio che sarà presentato nel corso del meeting ACC.22 dell’American College of Cardiology, il quale ha inoltre messo in evidenza una relazione tra la presenza di una principal investigator di sesso femminile e il numero di donne reclutate nei trial.
Lo studio ha preso in considerazione 620 trial clinici realizzati in ambito cardiovascolare tra il 2010 e il 2019, finanziati sia dai National Intitutes of Health (NIH) che dalle industrie, presenti su ClinicalTrials.gov. Di questi solo il 18,4% era guidato da una principal investigator donna, un dato rimasto più o meno stabile nel corso del decennio considerato.
Rispetto ai colleghi di sesso maschile, le donne sono meno rappresentate tra i principal investigators dei trial clinici sui farmaci (18,9%) e sui dispositivi (9,6%) mentre ricoprono più frequentemente questo ruolo negli studi riguardanti aspetti comportamentali, chirurgici o di riabilitazione. Infine, le donne sono risultate più spesso alla guida di trial finanziati dall’NIH (28,9%) rispetto a quelli finanziati dall’industria (14,7%).
I ricercatori hanno inoltre individuato una correlazione tra la presenza di una principal investigator di sesso femminile e il numero di donne reclutate nei trial: rispetto agli studi guidati dagli uomini, infatti, quelli con una principal investigator donna presentano in media un 7% di soggetti di sesso femminile in più (44,9% nei trial guidati da donne, 37,9% in quelli guidati da uomini).
“In fin dei conti tutto quello che possiamo fare per migliorare la rappresentanza delle donne nei nostri trial si tradurrà in trial clinici con risultati più impattanti, a prescindere da chi sono finanziati”, ha commentato Aashna Suvarna, studentessa dell’University of California, Berkeley e autrice dello studio. “L’associazione tra sesso del principal investigator e proporzione dei soggetti di sesso femminile reclutate suggerisce una potenziale strategia”.