
Nei pazienti con arteriopatia periferica (PAD) sottoposti a rivascolarizzazione degli arti inferiori, un trattamento con rivaroxaban più aspirina si associa a una riduzione del 15% del rischio di amputazioni e di altri eventi avversi di natura cardiovascolare, rispetto ai pazienti trattati con sola aspirina. Sono stati presentati nel corso della prima sessione dedicata ai late-breaking trials del meeting annuale dell’American College of Cardiology, svoltosi dal 28 al 30 marzo in modalità virtuale a causa dell’emergenza COVID-19, e pubblicati in contemporanea sul New England Journal of Medicine, i risultati dello studio VOYAGER-PAD.
Lo studio ha preso in considerazione 6.564 pazienti con PAD sottoposti a rivascolarizzazione degli arti inferiori, provenienti da 542 centri distribuiti in 34 Paesi, i quali sono stati assegnati a due gruppi mediante procedura di randomizzazione: il primo gruppo riceveva rivaroxaban (2,5 mg due volte al giorno) e aspirina (100 mg una volta al giorno) mentre il secondo riceveva un placebo in aggiunta all’aspirina (100 mg una volta al giorno). Al follow up medio di 28 mesi, il trattamento con rivaroxaban è risultato associato a una riduzione significativa dell’endpoint primario composito di ischemia acuta degli arti, amputazioni maggiori per cause vascolari, infarto del miocardio, ictus ischemico e morte cardiovascolare (17,3% vs. 19,9%; P=0.0085).
Per quanto riguarda la sicurezza, invece, l’endpoint primario era costituto dai sanguinamenti maggiori TIMI, la cui occorrenza è risultata non differire in modo statisticamente significativo tra il gruppo di pazienti trattati con rivaroxaban più aspirina e quelli trattati con placebo più aspirina (2,7% vs 1,9%; P=0,0694). In modo simile, non sono emerse differenze per quanto riguarda i sanguinamenti intracranici (0,6% vs 0,9%, P=0,50), quelli fatali (0,21% vs 0,21%; P=0,98) e la combinazione dei due (0,7% vs 1,0%; P=0,79).
“Abbiamo dimostrato che l’aggiunta di rivaroxaban a basso dosaggio dopo un intervento su un’arteria periferica riduce in modo significativo le complicanze più temibili nell’ambito della PAD, come l’ischemia acuta degli arti, le amputazioni maggiori, l’infarto del miocardio e l’ictus. Un beneficio manifestatosi precocemente e rimasto stabile nel tempo”, ha commentato Mark Bonaca, Director of Vascular Research dell’University of Colorado School of Medicine che ha presentato i risultati dello studio. “Questi dati forniscono la prova di un regime antitrombotico efficace e con un rapporto rischio-beneficio favorevole “.
Fabio Ambrosino
Bibliografia
1. Bonaca MP, Bauersachs RM, Anand SS, et al. Rivaroxaban in Peripheral Artery Disease after Revascularization. New England Journal of Medicine 2020; DOI: 10.1056/NEJMoa2000052