
Secondo una ricerca presentata al ACC.20/WCC Virtual, i determinanti sociali di un soggetto possono fornire valide informazioni per capire il potenziale rischio che una persona ha di incorrere in un evento cardiovascolare. Questi fattori, che riguardano le condizioni economiche e sociali di un individuo, ad oggi non sono parte delle comuni indagini anamnestiche che si fanno per il rischio cardiologico.
Sono stati analizzati i dati di 400.000 abitanti degli Stati Uniti raccolti nel 2017. Tra i partecipanti quasi 1 su 10 ha dichiarato di avere almeno una malattia cardiovascolare (CVD). I ricercatori hanno valutato la percezione di ciascun soggetto della propria sicurezza finanziaria, la tranquillità o meno nell’approvvigionamento del cibo e la sicurezza relativa alla propria condizione abitativa, senza dimenticare la possibilità di accesso alle cure. Un’incertezza sulla condizione abitativa è risultata associata a un incremento del rischio di CVD del 50%, mentre un’incertezza riguardo l’accesso alle cure del 47%. In generale, i soggetti con insicurezza finanziaria (come la paura di non riuscire a pagare l’affitto o il mutuo) sono risultati associati a un rischio più di due volte maggiore di incorrere in CVD rispetto a chi si sente finanziariamente sicuro.
Sebbene non siano state indagate le cause effetto di tali relazioni di rischio, secondo Tarang Parekh – responsabile dello studio – ci sono molte ragioni per cui questa associazione potrebbe essere considerata valida. Conseguenza di un’instabilità economica, infatti, è spesso una dieta non sana, mentre l’incertezza abitativa può causare un forte stress, un trigger per gli effetti fisiologici che potrebbero portare a CVD. Ancora, una scarsa possibilità di accesso alle cure potrebbe indurre le persone a rimandare le visite e gli screening fino all’insorgere di una sintomatologia grave.
“Ultimamente i sistemi sanitari – sottolinea Parekh – stanno considerando l’idea di aggiungere domande sui determinati sociali nelle indagini anamnestiche. Inoltre, alcuni medici hanno già reso questa pratica parte della propria routine al fine di valutare questi dati insieme agli altri fattori di rischio comunemente valutati in un paziente”. Gmerice Hammond, collega e responsabile dello studio insieme a Parekh, ha aggiunto che “lo studio è il primo a dimostrare come una robusta gamma di fattori sui determinanti sociali può migliore la capacità della scala di rischio per CVD di prevedere eventi avversi. Secondo i ricercatori sono però necessari ulteriori studi che indaghino il tempo d’insorgenza delle CVD al fine di avere un’idea più accurata della loro relazione con i determinanti sociali.
Vasilica Manole
Bibliografia
1. Social, Financial Factors Critical to Assessing Cardiovascular Risk. American College of Cardiology 2020.