
Un trattamento con rivaroxaban a basso dosaggio più aspirina riduce, rispetto all’aspirina da sola, il rischio di eventi cardiovascolari nei pazienti con aterosclerosi coronarica o periferica, a prescindere dalla presenza o meno di diabete. L’evidenza giunge da una sottoanalisi prespecificata dello studio COMPASS – presentata nel corso del meeting annuale dell’American College of Cardiology, svoltosi dal 28 al 30 marzo in modalità virtuale a causa dell’emergenza COVID-19 – i cui risultati hanno messo in evidenza come nei pazienti diabetici il beneficio clinico netto sia persino superiore, in termini di outcome irreversibili, rispetto ai pazienti non diabetici.
Lo studio COMPASS aveva valutato l’efficacia e la sicurezza di un trattamento con rivaroxaban (2,5 mg due volte al giorno) più aspirina (100 mg una volta al giorno), rispetto all’aspirina da sola, su una popolazione di 27.395 pazienti con arteriopatia periferica o coronaropatia stabile. Nella sottoanalisi COMPASS-Diabetes, presentata al congresso ACC20, i ricercatori hanno valutato l’efficacia del regime antitrombotico doppio su un campione di 6.922 pazienti diabetici e 11.356 non diabetici, di cui 9.126 in trattamento con rivaroxaban più aspirina e 9.126 con placebo più aspirina. Per quanto riguarda l’endpoint primario di efficacia, costituito da una misura composita di morte cardiovascolare, infarto del miocardio e ictus, è emersa una riduzione statisticamente significativa associata al trattamento con rivaroxaban, sia nei pazienti diabetici (HR 0,74; P=0,002) che in quelli non diabetici (HR 0,77; P=0,005). Nonostante in termini assoluti la riduzione del rischio sia risultata maggiore nei pazienti diabetici, entrambi i gruppi hanno ottenuto benefici simili dal trattamento sperimentale, in termini di endpoint primario di efficacia a 3 anni (2,3% vs 1,4%), mortalità per tutte le cause (1,9% vs. 0,6%) ed eventi vascolari maggiori (2,7% vs. 1,7%).
“Prendendo in considerazione solo i soggetti diabetici, quello che abbiamo trovato è un beneficio consistente in tutti sottogruppi, a prescindere dalla presenza o meno di un evento ischemico o di una procedura di rivascolarizzazione nella storia clinica dei pazienti”, ha commentato Deepak L. Bhatt, direttore esecutivo dell’Interventional Cardiovascular Programs del Brigham & Women’s Hospital di Boston e responsabile della ricerca, durante la presentazione dei risultati.
In linea con i risultati dello studio COMPASS, il trattamento con rivaroxaban è risultato associato a un tasso maggiore di sanguinamenti maggiori, sia nel gruppo dei pazienti diabetici (HR 1,70; P=0,0006) che in quelli non diabetici (HR 1,69; P<0,0001). Tuttavia, non sono emerse differenze significative in termini di sanguinamenti intracranici e fatali, a prescindere dalla presenza o meno di diabete. In generale, essendo il rischio di sanguinamenti paragonabile tra pazienti diabetici e non diabetici, alla luce dei risultati di efficacia il trattamento con rivaroxaban è risultato associato a un beneficio clinico netto maggiore nei primi (2,7% vs 1,0%, Gail-Simon qualitative P interaction=0,001).
“Un trattamento con rivaroxaban a basso dosaggio – ha concluso Bhatt – riduce l’incidenza di eventi cardiovascolari maggiori in pazienti con aterosclerosi stabile, a prescindere dalla presenza o meno di diabete. Tuttavia, la riduzione del rischio assoluto è risultata numericamente maggiore nel gruppo di soggetti diabetici, a partire dalla mortalità per tutte le cause dove il beneficio è risultato di tre volte superiore”.
Fabio Ambrosino
Bibliografia
1. Bhatt DL, Eikelboom JW, Connolly ST, et al. The Role of Combination Antiplatelet and Anticoagulation Therapy in Diabetes and Cardiovascular Disease: Insights from the COMPASS Trial. Circulation 2020; https://doi.org/10.1161/CIRCULATIONAHA.120.046448.