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ACC.19, dati importanti da tre sotto-analisi del DECLARE-TIMI 58

By 25 Marzo 2019Settembre 14th, 2021No Comments
Dai congressi
DECLARE-TIMI 58

Il trattamento con l’inibitore selettivo del co-trasportatore di sodio e glucosio 2 (SGLT2) dapagliflozin garantisce una riduzione del rischio relativo di eventi avversi cardiovascolari maggiori (MACE), del rischio di ospedalizzazione per scompenso cardiaco e del rischio di decesso per cause cardiovascolari rispetto al placebo negli adulti con diabete di tipo 2 (T2D) con precedente infarto acuto del miocardio. Inoltre ‒ nei pazienti con scompenso cardiaco a ridotta frazione di eiezione (HFrEF) ‒ dapagliflozin riduce i decessi per tutte le cause e i decessi per cause cardiovascolari, mentre nei pazienti con diabete e malattia arteriosa periferica riduce il rischio (sia relativo sia assoluto) di decessi per cause cardiovascolari e scompenso cardiaco e, inoltre, riduce la percentuale di progressione delle patologie renali. Lo dimostrano i dati di tre sotto-analisi dello studio DECLARE-TIMI 58 presentati alla 68esima edizione della Annual Scientific Session dell’American College of Cardiology (ACC.19) che si è appena conclusa a New Orleans.

Il trial DECLARE (Dapagliflozin Effect on Cardiovascular Events) – TIMI 58 è uno studio multicentrico randomizzato in doppio cieco controllato con placebo, progettato per valutare l’effetto del trattamento con dapagliflozin vs. placebo sugli esiti cardiovascolari negli adulti con diabete di tipo 2 con multipli fattori di rischio o pregressa patologia cardiovascolare. DECLARE-TIMI 58 ha incluso più di 17.000 pazienti in 882 centri di 33 Paesi ed è stato gestito in modo indipendente in collaborazione con ricercatori accademici del gruppo di studio TIMI di Boston e dell’Hadassah Hebrew University Medical Center di Gerusalemme.

Oltre a confermare l’utilità degli inibitori del SGLT2 nei pazienti diabetici con accertata patologia cardiovascolare, lo studio DECLARE-TIMI 58 ha dimostrato, per la prima volta, la capacità di dapagliflozin di ridurre il rischio di morte cardiovascolare o scompenso cardiaco in prevenzione primaria, nei pazienti diabetici con altri fattori di rischio. La rilevanza di questa evidenza è stata alla base delle recentissime linee guida per la prevenzione cardiovascolare dell’AHA/ACC che suggeriscono la possibilità di utilizzare gli inibitori del SGLT2 in prevenzione primaria per i pazienti diabetici con altri fattori di rischio (classe di raccomandazione IIb, livello di evidenza B).

Con le sottoanalisi dello studio DECLARE-TIMI 58 presentate all’ACC.19, abbiamo, invece, nuove evidenze utili a chiarire meglio i sottogruppi di pazienti con pregressa patologia cardiovascolare che più beneficiano della terapia con dapagliflozin. Nella prima sotto-analisi presentata (session 906), i ricercatori coordinati da Remo H. M. Furtado del Thrombolysis in Myocardial Infarction (TIMI) Study Group, Brigham and Women’s Hospital di Boston hanno preso in esame i dati del trial DECLARE-TIMI 58 relativi al sottogruppo di pazienti con diabete di tipo 2 e precedente infarto acuto del miocardio (n=3584). In questi pazienti, il trattamento con dapagliflozin ha ridotto il rischio relativo di eventi cardiovascolari maggiori (MACE) ben del 16% (HR 0,84; 95% CI da 0,72 a 0,99; p=0.039) e il rischio assoluto del 2,6 % (15,2% vs. 17,8%; 95% CI 0,1% al 5,0%). Nella stessa popolazione, rispetto al placebo, dapagliflozin ha ridotto il rischio di ospedalizzazione per scompenso cardiaco o morte CV. Il beneficio, infine, era ancor più evidente se il precedente infarto miocardico si era verificato a meno di due anni dall’arruolamento. È importante notare come la popolazione di pazienti con precedente infarto miocardico avesse, analogamente ad altri studi, una probabilità circa 2 volte maggiore di eventi cardiovascolari maggiori e di scompenso cardiaco/morte cardiovascolare. Appare ancor più rilevante, dunque, la capacità di dapagliflozin di ridurre il rischio assoluto in questa popolazione ad altissimo rischio, rafforzando ulteriormente la raccomandazione, riportata dalle linee guida della Società Europea di Cardiologia del 2016, ad utilizzare gli inibitori del SGLT2 nei pazienti con diabete mellito e malattia cardiovascolare (classe di raccomandazione IIa, livello di evidenza B).

Nella seconda sotto-analisi presentata (session 409), i ricercatori coordinati da Eri T. Kato del Department of Cardiovascular Medicine della Kyoto University Graduate School of Medicine hanno preso in esame i dati del trial DECLARE-TIMI 58 relativi al sottogruppo di pazienti con scompenso cardiaco a ridotta frazione di eiezione (HFrEF), che sono risultati 671 (3,9%), mentre 1316 (7,7%) avevano scompenso cardiaco senza ridotta frazione di eiezione e 15.173 (88,4%) non avevano scompenso cardiaco al baseline. Il trattamento con dapagliflozin ha ridotto i decessi per cause cardiovascolari e le ospedalizzazioni per scompenso cardiaco in modo più marcato nei pazienti con HFrEF (HR 0,62, 95% CI da 0,45 a 0,86) rispetto a quelli senza HFrEF (HR 0,88, 95% CI da 0,76 a 1,02; P-interaction 0,046), mentre l’effetto di dapagliflozin è risultato simile nei pazienti con scompenso cardiaco senza ridotta frazione di eiezione (HR 0,88, 95% CI da 0,66 a 1,17) e in quelli senza scompenso cardiaco (HR 0,88, 95% CI da 0,74 a 1,03). Nonostante il trattamento con dapagliflozin abbia ridotto le ospedalizzazioni per scompenso cardiaco sia nei pazienti con HFrEF (HR 0,64, 95% CI da 0,43 a 0,95) sia in quelli senza HFrEF (HR 0,76, 95% CI da 0,62 a 0,92), ha ridotto i decessi per cause cardiovascolari solo nei pazienti con HFrEF (HR 0,55, 95% CI da 0,34-0,90) e non in quelli senza HFrEF (HR 1,08, 95% CI da 0,89 a 1,31, P-interaction 0,012). Allo stesso modo, il trattamento con dapagliflozin si è mostrato in grado di ridurre la mortalità per tutte le cause nei pazienti con HFrEF (HR 0,59, 95% CI da 0,40 a 0,88) ma non in quelli senza HFrEF (HR 0,97, 95% CI da 0,86 a 1,10, P-interaction 0,016). In presenza, dunque, di scompenso cardiaco e ridotta frazione d’eiezione, il beneficio ottenuto dalla somministrazione di dapagliflozin è ancora maggiore e si traduce non solo nella riduzione degli eventi legati allo scompenso cardiaco ma anche nella riduzione della mortalità cardiovascolare ed in quella per tutte le cause. Un risultato ancor più rilevante se si considera da un lato il rischio di eventi particolarmente elevato in questo gruppo di pazienti,dall’altro la riduzione del rischio assoluto ottenuta dalla somministrazione del farmaco che è stata tale da rendere estremamente basso il numero di pazienti necessario da trattare (NNT) per risparmiare un evento: 11 per l’endpoint ospedalizzazione per scompenso/morte cardiovascolare, 19 per la morte cardiovascolare e 16 per la mortalità per tutte le cause. Un farmaco capace di raggiungere questi risultati nei pazienti è un farmaco i cui effetti vanno sicuramente al di là del semplice effetto ipoglicemizzante, glicosurico e diuretico.

L’azione favorevole, ipotizzata da alcuni studi sperimentali, degli inibitori del SGLT2 a livello cardiaco ed i benefici a livello renale sono sicuramente alcuni degli altri meccanismi in grado di spiegare la capacità di modificare gli endpoint nei pazienti con scompenso cardiaco. Non possiamo, dunque, che guardare con ottimismo alla conclusione dello studio DAPA-HF, attualmente in corso, che confronterà l’efficacia della terapia con dapagliflozin rispetto a placebo in un gruppo di pazienti con scompenso cardiaco cronico e frazione d’eiezione compromessa (<40%), in presenza o meno di malattia diabetica. Se questo studio dimostrasse la capacità di dapaglifozin di migliorare la prognosi, avremmo l’ulteriore conferma di trovarci di fronte non solo ad una nuova terapia antidiabetica, ma ad una strategia terapeutica efficace nello scompenso cardiaco, una sindrome che, nonostante i notevoli progressi terapeutici delle ultime decadi, continua ad essere gravata da un’elevatissima morbilità e mortalità.

Nella terza sotto-analisi presentata (session 413), i ricercatori coordinati da Marc P. Bonaca del Brigham and Women’s Hospital e della Harvard Medical School di Boston hanno preso in esame i dati sui pazienti arruolati nel trial DECLARE-TIMI 58, con particolare attenzione al sottogruppo dei pazienti con diabete di tipo 2 e malattia arteriosa periferica (PAD). Alcuni dati precedenti su un altro inibitore del SGLT2, infatti, hanno mostrato un preoccupante aumento del rischio di amputazione in questa popolazione ad alto rischio. Scopo della sotto-analisi dunque era valutare l’efficacia di dapagliflozin vs. placebo nella prevenzione di eventi cardiaci e renali, e soprattutto valutare la sicurezza di dapagliflozin riguardo agli eventi ischemici degli arti inferiori e alle amputazioni nei pazienti con o senza malattia arteriosa periferica. Nei 1025 (6%) pazienti con malattia arteriosa periferica arruolati nel trial DECLARE-TIMI 58, l’efficacia del trattamento con dapagliflozin è risultata molto significativa nella riduzione dei decessi per cause cardiovascolari, dello scompenso cardiaco e degli eventi renali, indipendentemente dalla presenza di malattia arteriosa periferica, ma il vantaggio è risultato molto più marcato nei pazienti con PAD. Si sono registrati 560 eventi ischemici agli arti inferiori, 454 rivascolarizzazioni degli arti inferiori e 236 amputazioni, ma non è stata riscontrata una differenza statistica significativa nei pazienti trattati con dapagliflozin (HR 0,86 da 0,65 a 1,15 per le rivascolarizzazioni; HR 0,93 da 0,71 a 1,23 per gli eventi ischemici; HR 1,51 da 0,94 a 2,24 per le amputazioni). Risultati che sfatano ogni timore riguardo un profilo di minore sicurezza di dapagliflozin nei pazienti con vasculopatia periferica. Al contrario, essendo questi ultimi, analogamente ai pazienti con precedente infarto miocardico e storia di scompenso cardiaco, un gruppo a maggiore rischio di eventi, non potranno che trarre beneficio in misura ancora maggiore da un trattamento capace di modificare la storia naturale dei pazienti diabetici migliorandone l’aspettativa di vita ed il rischio di eventi cardiovascolari.

Non ci rimane che lavorare perché un numero sempre maggiore di pazienti possa beneficiare di questa nuova opportunità terapeutica, aumentando sempre di più la consapevolezza, sia in ambito diabetologico che cardiologico, riguardo le sue enormi potenzialità.


Massimo Iacoviello

Responsabile ambulatorio scompenso cardiaco e trapianto di cuore
UOC Cardiologia Universitaria
AOU Policlinico Consorziale di Bari

Dapagliflozin and cardiovascular outcomes in patients with Type 2 diabetes and prior Myocardial Infarction: a sub-analysis from DECLARE TIMI-58 trial. ACC.19 Session 906.
DECLARE HFrEF late breaker: Effect of Dapagliflozin on heart failure and mortality in Type 2 diabetes mellitus based on ejection fraction. ACC.19 Session 409.
Dapagliflozin and outcomes in patients with peripheral heart disease: insights from DECLARE TIMI-58. ACC.19 Session 413.