
Nei pazienti con fibrillazione atriale parossistica refrattaria alla terapia medica, la crioablazione si è dimostrata non inferiore all’ablazione tradizionale con radiofrequenza, a parità anche di analoga sicurezza per il paziente. Queste in sintesi le conclusioni dello studio FIRE AND ICE presentato all’ACC.16 e pubblicato contestualmente sul New England Journal of Medicine.
Ad oggi FIRE AND ICE rappresenta il più grande studio clinico multicentrico ad avere confrontato queste due tecniche ablative che differiscono nell’energia impiegata per rimuovere il tessuto cardiaco aberrante: l’ablazione con radiofrequenza adotta l’energia elettrica mentre la crioablazione sfrutta l’energia del freddo. “Questo studio – ha commentato Karl-Heinz Kuck del St. George Hospitale di Amburgo e principal investigator dello studio – ha dimostrato come la crioablazione sia altrettanto efficace dell’ablazione con radiofrequenza e, in ultima analisi, questo significa che sempre più pazienti con fibrillazione atriale possono essere trattati senza dover ricorrere ad un centro cardiologico specializzato. Inoltre, abbiamo riscontrato un basso rischio di complicanze in entrambi i gruppi, dimostrando che l’ablazione transcatetere è diventata negli anni una procedura sempre più sicura.”
Obiettivo dello studio randomizzato multicentrico, in doppio cieco e in aperto, è stato confrontare l’efficacia dell’ablazione transcatetere a radiofrequenza vs la crioablazione, una tecnica di più recente introduzione nella pratica clinica e meno complessa. L’endpoint primario di efficacia comprendeva le recidive di fibrillazione/flutter/tachicardia atriale, la necessità di terapia antiaritmica e/o ulteriore procedura ablativa, mentre l’endpoint primario di sicurezza era costituito da un composito di morte per ogni causa, eventi cerebrovascolari o avversi gravi associati al trattamento. Complessivamente, sono stati arruolati 762 pazienti di età compresa tra 18 e 75 anni con fibrillazione atriale parossistica sintomatica e refrattaria alla terapia antiaritmica, provenienti da 16 centri di otto diversi paesi europei, e randomizzati ad ablazione con radiofrequenza (n=384) o a crioablazione (n=378). Ad un follow-up medio di 1.5 anni l’endpoint primario di efficacia si è verificato in 143 pazienti del gruppo radiofrequenza e in 138 pazienti del gruppo cryoballoon (frequenza di eventi stimata a un anno secondo Kaplan-Meier, rispettivamente 34.6% e 35.9%; hazard ratio [HR] 0.96; intervallo di confidenza [IC] 95% 0.76-1.22; p<0.001 per la non inferiorità). L’endpoint primario di sicurezza è stato raggiunto in 40 pazienti del gruppo cryoballoon e in 51 pazienti del gruppo radiofrequenza (frequenza di eventi stimata a un anno secondo Kaplan-Meier, 10.2% e 12.8%; HR 0.78; IC 95% 0.52-1.18; p=0.24). Nel gruppo cryoballoon è stata osservata una riduzione significativa sia dei tempi di fluoroscopia (17 vs 22 minuti, p<0.001) sia dei tempi procedurali (124 vs 141 minuti, p<0.001).
Dimostrando la non inferiorità della crioablazione, lo studio FIRE AND ICE arriva alla conclusione che il cryoballoon è una tecnica altrettanto sicura ed efficace della radiofrequenza e più veloce da eseguire, che potrebbe avere un impatto sulla gestione dei pazienti con diagnosi di fibrillazione atriale che non rispondono la terapia farmacologica. I risultati ottenuti potrebbero essere tenuti in considerazione nella produzione delle linee guida cliniche sull’impiego di differenti tecniche ablative per il trattamento della fibrillazione atriale – ha commentato Kuck – precisando però che un limite di FIRE AND ICE è di non aver incluso pazienti in stadi più avanzati di fibrillazione atriale e si renderebbero pertanto necessari ulteriori confronti diretti tra le due tecniche ablative in questa categoria di pazienti.
David Frati