
Il DANAMI3-PRIMULTI, presentato da Thomas Engstrom all’ACC 2015, ha arruolato 2239 pazienti con STEMI entro 12 ore dall’insorgenza dei sintomi, randomizzati ad angioplastica primaria convenzionale (PCI), post-condizionamento ischemico o stenting differito. Dei 2212 pazienti sottoposti con successo a PCI dell’arteria correlata all’infarto, 627 presentavano malattia coronarica multivasale e sono stati ulteriormente randomizzati a nessuna successiva procedura di rivascolarizzazione (n=313) o a rivascolarizzazione completa guidata dalla FFR (fractional flow reserve) prima della dimissione ospedaliera (n=314). Di quest’ultimo gruppo, 294 pazienti (93.6%) hanno eseguito l’intervento.
La durata della procedura, l’utilizzo di mezzo di contrasto e la dose di radiazioni sono risultati, come ci si poteva aspettare, più elevati nel gruppo sottoposto a rivascolarizzazione completa (p<0.0001). L’impianto di stent medicato è stato eseguito in oltre il 90% dei pazienti di entrambi i gruppi; circa un quarto ha ricevuto inibitori della glicoproteina IIb/IIIa e tre quarti bivalirudina. Alla dimissione, quasi tutti i pazienti erano in trattamento con aspirina, due terzi con prasugrel e circa il 20% con ticagrelor.
Ad un anno di follow-up, i pazienti sottoposti a rivascolarizzazione completa hanno mostrato una minore incidenza dell’endpoint composito primario (mortalità per ogni causa, infarto miocardico non fatale e rivascolarizzazione delle lesioni non-culprit colpite dall’ischemia) rispetto al gruppo sottoposto a PCI della sola culprit lesion, per effetto fondamentalmente di un tasso inferiore di reinterventi. Non sono state osservate differenze in termini di mortalità e incidenza di infarto miocardico non fatale. Tali risultati si confermavano anche all’analisi per diversi sottogruppi, che documentava unicamente una correlazione tra il trattamento e l’età (p per interazione =0.02), dove la rivascolarizzazione completa si dimostrava più favorevole nei pazienti di età <65 anni (HR 0.33; IC 95% 0.18-0.60) rispetto a quelli di età ≥65 anni (HR 0.89; IC 95% 0.52-1.5).
Sebbene i risultati del DANAMI3-PRIMULTI differiscano per molti aspetti da quelli di altri due trial contemporanei focalizzati sulla rivascolarizzazione completa – PRAMI e CvLPRIT –, tutti e tre gli studi hanno riportato una riduzione dell’endpoint compresa tra il 45% e il 65%. Il vantaggio della rivascolarizzazione completa differita e guidata dalla FFR, vale a dire sulla base della valutazione funzionale della stenosi rilevata alla coronarografia, sembra essere correlato ad una minore compromissione della funzionalità renale, in quanto i pazienti sottoposti al trattamento di più vasi coronarici nella stessa seduta necessitano di dosi superiori di mezzo di contrasto e vanno incontro ad una maggiore esposizione a radiazioni ionizzanti. A questo si aggiunge il fatto l’intervento di rivascolarizzazione completa eseguito nella stessa seduta comporta aspetti tecnici procedurali più complessi.
Da tempo è in corso il dibattito se sia opportuno eseguire la rivascolarizzazione completa o se questa debba essere eseguita limitatamente alla culprit lesion. I risultati del DANAMI3-PRIMULTI sembrano indicare che in alcuni pazienti debba essere privilegiata una strategia di intervento più aggressiva, ma come individuare i candidati ideali? Per quanto i dati dimostrino che la rivascolarizzazione completa differita si associ ad un outcome favorevole, la mancanza di differenze significative negli endpoint “hard” depone per un approccio più conservativo nel caso di pazienti con patologia coronarica meno estesa.