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Infarto del miocardio, gli esami standard non bastano

By 5 Febbraio 2018Marzo 30th, 2022No Comments
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Gli esami standard per la diagnosi di un infarto del miocardio (IM) sono affidabili? No, a quanto emerge dai risultati di uno studio presentato a CMR 2018, il meeting annuale organizzato dall’European Association of Cardiovascular Imaging (EACVI) e dalla Society for Cardiovascular Magnetic Resonance (SCMR), in corso a Barcellona. Infatti, in due terzi dei casi è stato possibile effettuare la diagnosi di IM solo dopo aver sottoposto i pazienti a esami più accurati, come la risonanza magnetica cardiaca (CMR).

I ricercatori hanno preso in considerazione 935 pazienti reclutati nello studio ICELAND MI, i quali sono stati sottoposti agli esami standard e a CMR. Sulla base dei risultati del test, i soggetti sono stati divisi in tre gruppi: IM non riconosciuti (eventi sub-clinici, individuati con la CMR ma non con gli esami standard)(n=156, 17%), IM riconosciuti (eventi clinici, individuati sia con gli esami standard che con la CMR) (n=91, 10%) e assenza di IM (verificata con CMR) (n=688, 73%). “Questo significa che il 63% (156 su 247) dei pazienti con IM ha ricevuto la diagnosi solo dopo la valutazione con la CMR – ha sostenuto Tushar Acharya, cardiologo che ha presentato la ricerca – e che gli IM non riconosciuti potrebbero essere più frequenti di quelli riconosciuti”. Al follow up a dieci anni non sono emerse differenze, in termini di mortalità, tra il gruppo dei pazienti con IM riconosciuto e quelli con IM non riconosciuto (51% e 49%, rispettivamente). A quello a cinque anni, invece, il tasso di mortalità dei pazienti con IM non riconosciuto (13%) era risultato superiore di quello del gruppo senza IM (8%), ma inferiore a quello del gruppo con IM riconosciuto (19%).

“Questo dimostra che con il tempo la mortalità dei pazienti con IM sub-clinico aumenta fino a raggiungere quella dei soggetti con IM clinico”, ha spiegato Acharya. “I pazienti con IM non riconosciuto non sono sottoposti a trattamenti farmacologici per ridurre il rischio di morte o di ulteriori eventi CVD, come aspirina, statine, ACE inibitori e beta bloccanti. Dovrebbero anche essere invitati a monitorare eventuali fattori di rischio, come l’ipertensione, e ad adottare uno stile di vita sano”. Per quanto il rapporto costi-efficacia non permetta di adottare la CRM come test di screening, effettuare questo esame al posto di quelli standard potrebbe permettere di diagnosticare molti IM che attualmente non vengono riconosciuti. “Esistono molte terapie per il trattamento dei soggetti sopravvissuti a IM – ha concluso Acharya – quindi la diagnosi precoce di questi eventi potrebbe migliorare significativamente la prognosi”.

Fabio Ambrosino

▼ Abstract: Long-term outcomes of unrecognized myocardial infarction in the elderly – Findings from the ICELAND MI study’ will be presented during Focus Session 2: CMR in Acute Coronary Syndromes. CMR 2018, Barcellona.